Santuario Madonna della Costa                                                   Cappellina dell'Apparizione


 

16 Marzo, Lunedì  
Terza settimana di quaresima
Gesù, passando in mezzo a loro,  si mise in cammino (Lc 4,30) 

Niente e nessuno è capace di fermare il cammino di Gesù. Da qualche altra parte del Vangelo apprendiamo che il Maestro di Nazareth era risoluto nel suo cammino. Ero deciso a proseguire sulla via che lo avrebbe condotto all'apice della montagna della crocifissione.  In tutti modi si tenta di fermare Gesù, quasi per intimidirlo e farlo desistere dal suo percorso.  Lo si vuole persuadere con ragionamenti umani, con logiche ristrette. Ma lui è capace di passare in mezzo a questi ragionamenti, di andare oltre, di non lasciarsi fermare dalla loro finitezza. Vogliono fermare Gesù, impedirgli di raggiungere la vetta della santa montagna dell'amore. Quante volte, anche noi, cerchiamo di impedire il cammino di Gesù, costringendolo quasi ad accettare le nostre logiche, spesso meschine, di parte, egoistiche. La fede non è tirarsi Gesù dalla propria parte, non è immischiarlo nei nostri ragionamenti, non è convincerlo ad accettare e ad consentire ai nostri sistemi matematici. La fede è essere al attirati dall'amore di Dio. Non è, dunque tirare, ma essere attirati, essere coinvolti, lasciarsi affascinare. La fede si nutre di fascino, del fascino del Signore. Smettiamola, allora, di tirarci Dio dalla parte dei nostri ragionamenti, e lasciamoci attirare dal suo amore senza se e senza ma.

Compi una piccola rinuncia

PREGHIERA

Venite, applaudiamo al signore,  acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.

Accostiamoci a lui per rendergli grazie,  a lui acclamiamo con canti di gioia.

Poiché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dei.

Nella sua mano sono gli abissi della terra,  sono sue le vette dei monti.

Suo è il mare, egli l'ha fatto, le sue mani hanno plasmato la terra.

Venite, prostrati adoriamo,  in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati.

Egli è il nostro Dio, e noi  il popolo del suo pascolo,  il gregge che egli custodisce

Salmo 99  

17 Marzo, Martedì
Terza settimana di quaresima 

Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?  Sino a sette volte?  (Mt 18,21)

Dalla misericordia di Dio alla misericordia del fratello. È questo il passaggio che Gesù ci aiuta a compiere con il racconto evangelico odierno: non si può pretendere di ricevere gratuitamente il perdono di Dio, senza nostra volta concederlo al nostro prossimo. Se non saremo mai in grado di concedere il perdono ai fratelli che ce lo chiedono, verso cui c'è stato qualche normale screzio, allora non riusciremo mai a percepire la grazia del perdono di Dio. Anzi, il perdono di Dio potremmo averlo e avvertirlo se saremo capaci di offrirlo agli altri: ogni volta che si perdona ad un fratello si riceve il perdono di Dio, si fa l'esperienza della misericordia del Padre. Certamente, il perdono da concedere al fratello non condiziona il perdono che è sempre gratuito e volontario che Dio concede a noi.

Nel perdono, però, il perdono del padre sarà più efficace, lo percepiremo in modo più consistente. L'atto del perdono da parte di Dio non può lasciarci indifferenti di fronte al perdono da concedere al prossimo. Ciò che noi sperimentiamo con il Sacramento della riconciliazione, -un Sacramento meraviglioso, unico, bellissimo- deve trovare nella logica conseguenza dell'abbraccio verso il prossimo la sua maturazione, i suoi frutti, la sua concreta traduzione. Diversamente, avremo ricevuto il perdono sì, ma senza effetti desiderati. Educhiamoci a vivere maggiormente il Sacramento della confessione, perché dal momento in cui faremo frequentemente esperienza dell'abbraccio misericordioso di Dio, a furia di sentirci abbracciati, non riusciremo a non contagiare gli altri con lo stesso braccio e di perdono e di amore. 

PREGHIERA

Se consideri le colpe, Signore,  Signore, chi potrà sussistere?

Ma presso di te è il perdono:  e avremo il tuo timore.

Io spero nel Signore,  l'anima mia spero nella sua parola.

L'anima mia attende il Signore  più che le sentinelle l'aurora

Salmo 129 

18 Marzo, Mercoledì
Terza settimana di quaresima
Non sono venuto ad abolire,  ma a dare pieno compimento  (Mt 5,17)

Solo Gesù, con la sua Parola, può dare compimento alla tua vita; solo lui, cioè, puoi dare senso e pienezza la tua esistenza. Per questo, oggi ci chiediamo: cosa è o chi è che da veramente senso alla mia vita? Cosa o chi rende felice la mia vita? Con tutto ciò che ho mi sento realmente felice e realizzato? Cosa o chi mi mancherebbe perché fossi davvero  felice ogni giorno? Cosa vuol dire, allora, Gesù quando afferma che è venuto per dare compimento alla Legge e ai profeti? Vuol dire proprio questo: è lui che dà senso a tutta la Legge e a tutta la tradizione dei profeti. È lui che da complimento e valore a tutta la tradizione passata. Ancora, dunque, non una vita nostra  di fede senza Gesù, è Lui che può dare senso alla nostra fede; d'altronde siamo cristiani, cioè Cristo al centro della nostra fede. Scontato ciò che stiamo dicendo? Non mi sembra. Spesso mettiamo noi stessi al centro della nostra fede, e troppo impregnata dei nostri eroismi, dimentichiamo che la forza viene da Dio. Ma la fede deve essere "cristica", deve attingere e mettere al centro il Figlio di Dio, Gesù di Nazareth. Ecco perché spesso ci sentiamo vuoti, incompleti, scontenti, delusi, siamo sofferenti, depressi. Perché non abbiamo messo Cristo al centro. Siamo rimasti legati alla semplice tradizione. La fede non è una ritualità, ma è vita d'amore. E solo l'amore, ossia Gesù Cristo, può dare compimento e pienezza alla nostra esistenza, alla nostra fede; solo lui può rendermi felice e dare senso a tutto ciò che faccio e vivo, a ciò che sono; solo lui può farmi sentire realizzato, perché mi propone una vita intrisa di speranze e di amore.

PREGHIERA

Ascolta, Signore, la mia voce.  Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.

Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto";  il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto,  non respingere con ira il tuo servo.

Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,  non abbandonarmi, Dio della mia salvezza

Salmo 26 

19 Marzo, Giovedì – solennità di San Giuseppe
Terza settimana di quaresima
Giuseppe, figlio di Davide,  non temere di prendere con te Maria, tua sposa(...)
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore. (Mt 1, 20-24) 

Oggi, nel bel mezzo del cammino quaresimale, la liturgia ci offre la gioia di guardare l'esempio di San Giuseppe. È bello, che proprio in pieno tempo quaresimale, noi guardiamo a chi può stimolarci maggiormente in un cammino di fede che tende alla maturità. Giuseppe di Nazareth è l'icona del cristiano che vive una vita protesa, del credente che si lascia lavorare dallo Spirito Santo, del battezzato che adempie la sua vocazione con fedeltà e nel silenzio di una vita impegnata all'obbedienza attiva verso Dio. Non è stato facile il cammino di fede di San Giuseppe. Giuseppe è uno che avuto la testa sulle spalle e i piedi per terra. Ma il cuore immerso nell'infinito di Dio. Proprio perché ha avuto la testa sulle spalle e i piedi per terra, lo sposo di Maria ha avuto qualche attimo di titubanza circa il progetto di Dio: è come se avesse avuto la tentazione di desistere, di rifiutare, di non sottoscrivere quel progetto. Ma proprio perché il suo cuore era immerso nell'infinito di Dio, Giuseppe ha saputo fare discernimento: alla fine, ha fatto spazio a Dio e alla sua volontà prendendo con sé Maria. Ecco, Giuseppe ci insegna a saper fare discernimento, a saper scegliere bene, a saper soppesare in modo equilibrato tra i nostri progetti e il progetto di Dio. Il falegname di Nazareth ci dice che non è facile accettare subito il volere del Padre, ma ci dice anche, che se lo accetti, la tua vita è condotta da lui, non hai nulla da temere, sei in mani sicure.

Una preghiera per il tuo papà, una visita in chiesa davanti alla statua di San Giuseppe 

PREGHIERA

Ho sperato: ho sperato nel Signore  ed egli su di me si è chinato,

ha dato ascolto al mio grido.

Mi ha tratto dalla fossa della morte,  dal fango della palude;

i miei piedi ha stabilito sulla roccia,  ha reso sicuri i miei passi.

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,  lode al nostro Dio.

Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore.

Beato l'uomo che spera nel Signore e non si mette dalla parte dei superbi

Salmo 39 

20 Marzo, Venerdì
Terza settimana di quaresima – GIORNO DI MAGRO
Qual è il primo di tutti i comandamenti?  (Mc 12,28)

La proposta evangelica non è mai a senso unico, unidirezionale. La fede cristiana non contempla i paraocchi spirituali, anzi, non li concepisce: si cadrebbe nel tranello di una rigidità religiosa che porterebbe all'estremismo, fondamentalismo, all'unilateralismo. Spieghiamoci meglio: la parola di Dio, la Legge, contempla due binari che conducono alla stessa meta: l'amore per Dio e quello per il prossimo. Non è affatto possibile dire di amare il Signore senza amare il prossimo, come non è altrettanto possibile amare il prossimo senza orientare l'amore per Dio. L'amore, o è amore totale, oppure non è per nulla amore. L'amore per Dio, che mai chiude all'intimismo o allo spiritualismo, porta naturalmente ad avere una visione universale, tanto da sentirsi spinti all'amore verso tutti. Spesso, anche nell'esperienza dell'amore umano (quale coniugale, tra amici, tra parenti, e via dicendo) si cade nella trappola tremenda di un amore esclusivo; è da questo genere di amore che sgorgano gelosia, possessione, rapporti burrascosi, litigi. Nella fedeltà all'amore, bisogna aprirsi agli altri. Una coppia cristiana, per esempio, può rafforzare la sua fedeltà coniugale, quando è capace di aprirsi al prossimo, soprattutto gli ammalati, i poveri, i bisognosi. Due "amici per la pelle" possono volersi davvero bene, quando sono capaci di vivere il loro legame nello spirito del servizio condiviso verso il prossimo più bisognoso. Tra i parenti si può vivere un vero rapporto di amore quando si è capaci di venirsi incontro gli uni verso gli altri. Dio ci chiede di esprimergli amore fedele nel servizio amorevole verso il prossimo.

PREGHIERA

Il Rosario (Corona Prayer) in famiglia alle 20.45 

21 Marzo, Sabato
Terza settimana di quaresima
Chiunque si esalta sarà umiliato, invece chi si umilia sarà esaltato  (Lc 18,14) 

Si prega così come si vive. Ma si vive come si prega. La preghiera è lo specchio di se stessi, del proprio modo di vivere: se si vive egoisticamente, è chiaro che la preghiera, per quanto uno sia zelante, è una preghiera incentrata su di sé e non su Dio e, lo stesso essere zelante, non è altro che un modo per rassicurarsi, per chiudersi nel proprio guscio, nel proprio intimismo. Spesso si prega per stare bene, per trovare garanzie, con la presunzione di trovare un rifugio per la propria vita. Ma rischio è restare delusi e poi abbandonare tutto. La preghiera non è un rifugio per nessuno. Anzi, la preghiera devi metterti di fronte a te stesso, alle tue fragilità, alle tue miserie e porti mille interrogativi che stimolano la tua ricerca, il tuo approfondimento di Dio, la tua sequela dietro Gesù. Preghiera non è, dunque, il posto delle risposte ma delle domande. Semplicità, ascolto, umiltà, riconoscenza, sono gli ingredienti per fare della preghiera il luogo dell'incontro, della trascendenza, del dialogo. Oggi ci chiederemo: come prego? Come vivo il tempo della preghiera? Perché prego? Sono capace di vivere una preghiera trascendentale, ovvero che mi fa uscire da me stesso per incontrare Dio? Sono capace di vivere di interrogarmi durante il tempo della preghiera? Riesco a vivere lo spirito dell'umiltà e della semplicità mentre prego? 

Compi un gesto di carità verso qualcuno

PREGHIERA 

Giunga il mio grido fino a te, Signore,  fammi comprendere secondo la tua parola.

Venga il tuo volto la mia supplica,  salvami secondo la tua promessa.

Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,  poiché mi insegni i tuoi voleri.

La mia lingua canti le tue parole,  perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.

Mi venga in aiuto la tua mano,  poiché ho scelto i tuoi precetti.

Desidero la tua salvezza, Signore,  e la tua legge tutta la mia gioia.

Posso io vivere e darti lode,  mi aiutino i tuoi giudizi.

Salmo 118

Cliccare sul seguente link per visualizzare la Benedizione Eucaristica al Santuario della Madonna della Costa che il Parroco Don Roberto Arcari ha compiuto per le parrocchie di Cavenago d'Adda e Caviaga.

Benedizione Eucaristica Don Roberto


 

9 marzo, Lunedì
Seconda settimana di quaresima
Siate misericordiosi (Lc 6, 36) 

“La carità non avrà mai fine”, ci ricorda san Paolo nel suo splendido inno alla carità. La carità, l’amore è eterno. Tutto è destinato a vanificarsi, tranne che la carità. Essere misericordiosi, non giudicare, non condannare, dare gratuitamente, non sono altro che vivere una vita impregnata d’amore. Gesù ci grida allora: “Ama!”. L’amore è l’essenza della vita umana, ma è anche il fondamento della vita cristiana, non c’è fede senza carità, senza amore gratuito. Non ci sarebbero altre parole per descrivere il senso della vita dei battezzati, di noi cristiani. Ricordiamo il brano degli Atti degli Apostoli, dove i cristiani delle primitive comunità ecclesiali venivano differenziati dagli altri, proprio per la capacità di amarsi reciprocamente mettendo tutto in comune, persino i beni personali di ciascuno. È questo spirito che andrebbe recuperato oggi nel mondo perché si instauri il principio dell’amore: questo spirito che la Chiesa, quindi ogni singolo cristiano, deve concretamente vivere. Il Vangelo si fonda sul principio dell’amore, che concretamente è vicinanza, attenzione, prossimità, condivisione (anche dei beni materiali), riconciliazione. In un mondo sempre più individualista e indifferente, come cristiani, a partire dai nostri ambienti quotidiani siamo chiamati a generare prossimità e carità. Senza fine. 

PREGHIERA

Ricordati, Signore, del tuo amore, della tua fedeltà che è da sempre.
Non ricordare i peccati della mia giovinezza:
ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore.
Buono e retto è il Signore, la via giusta addita ai peccatori;
guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie.
Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia per chi osserva il suo patto e i suoi precetti.
Per il tuo nome, Signore, perdona il mio peccato anche se grande.

Salmo 24 

10 marzo, Martedì
Seconda settimana di quaresima
Non chiamate padre nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste (Mt 23,9) 

“Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in Lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza.” Queste sono le parole che san Francesco d’Assisi, agli inizi della sua conversione, ripeté davanti a suo padre Pietro di Bernardone, al vescovo di Assisi e tutti gli spettatori che in quel momento assistettero alla spogliazione degli “abiti civili”. San Francesco non misconosce so padre che, a modo suo, desiderava comunque il bene di suo figlio, ma riesce a fare un salto di qualità, riconoscendo in Dio quel padre che gli propone una vita migliore, un sentiero di libertà, una vita intrisa di amore universale. L’esperienza del santo di Assisi è la traduzione perfetta di ciò che sentiamo dire oggi da Gesù nella pagina evangelica. I “padri” della terra vogliono certamente il bene de propri figli, ma è un bene che condiziona, che non va oltre certi limiti, legato ai beni della terra.  Il Padre celeste, Dio, vuole il ne dei padri e dei figli insieme, proponendo uno stile di vita più libero che sappia puntare sulle cose alte della vita, che orienti l’esistenza verso le vette più alte della montagna esistenziale. La Quaresima ci abilita a fare questo passaggio. D’altronde, siamo diretti al “passaggio”, come quello del popolo che attraversò il Mar Rosso diviso in due. Passaggio da una condizione ad un’altra, da uno stile ad un altro, da un sistema ad un altro. Come seppe fare san Francesco d’Assisi, il quale passò dal chiamare papà suo padre carnale, ad Abbà papà, Dio.

Compi un gesto di carità

PREGHIERA 

O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua.
Così nel santuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria.
Poiché la tua grazia vale più della vita, le mie labbra diranno la tua lode.
Così ti benedirò finché io viva, nel tuo nome alzerò le mie mani.
Mi sazierò come a lauto convito, e con voci di gioia ti loderà la mia bocca.

Salmo 62 

11 marzo, Mercoledì
Seconda settimana di quaresima
Noi saliamo a Gerusalemme (Mt 20, 18) 

È la parola Croce la chiave di volta della riflessione che ci viene offerta dalla liturgia della Parola. Quella Croce che spesso rifiutiamo, facciamo fatica ad accettare, nascondiamo, evitiamo, la rimuoviamo dalla nostra fede, contemplando così, una fede senza Cristo. Una fede senza Croce è una fede senza Cristo. Il vangelo di Matteo ci racconta del terzo annuncio da parte di Gesù della sua passione: questo annuncio, naturalmente, si scontra con una mentalità di gloria; è un annuncio inaccettabile, per nulla corrispondente alla logica umana, che poco si addice a chi mette al centro se stesso e non Dio. Quante volte contempliamo, si fa per dire, un Dio senza croce. Siamo chiamati ad apprendere una logica che conduce ad avere uno stile di vita, accogliendo così la logica paradossale della Croce, che non è una condanna a morte, un peso insopportabile da accettare passivamente ma la capacità di stendere le braccia, aprirle, spalancarle in segno di apertura. La logica della croce conduce ad assumere, pian piano, uno stile di vita incentrato sull’abbraccio: chi abbraccio la Croce di Cristo, è capace di abbracciare il prossimo, di spalancare le braccia verso i fratelli e le sorelle che ci sono accanto. Dunque, non c’è vita cristiana senza la contemplazione del mistero della Croce di Gesù. La croce di Gesù non è un semplice simbolo da mostrare nelle aule scolastiche, o peggio ancora, da attaccare con tanto di oro, sul nostro collo, come fosse un ornamento. La Croce di Gesù è uno stile, un modo di vivere una proposta da accogliere, una logica da apprendere. 

PREGHIERA

Il Rosario (Corona Prayer) in famiglia alle 20,45 

12 marzo, Giovedì
Seconda settimana di quaresima
Figlio, ricordati che, nella vita,  tu hai ricevuto i tuoi beni,  e Lazzaro i suoi mali;
ma ora in  questo modo lui è consolato,  tu invece sei in mezzo ai tormenti (Lc 16, 25) 

Il ricco e il povero, l’egoista e l’accogliente, l’ingordo e il generoso. Se volessimo riassumere questa pagina evangelica, potremmo usare le prime battute del Vangelo di Matteo del capitolo 5: “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli”. Paradossalmente, la povertà di Lazzaro è stato il lasciapassare certo per raggiungere la beatitudine dei cieli. Di questo se ne renderà conto, troppo tardi, il ricco epulone, di cui non conosciamo nemmeno il nome. E non è una svista dell’evangelista, quanto un messaggio per ciascuno di noi: se svendiamo il nostro cuore ai piaceri della terra, all’ingordigia, al potere, all’arroganza, all’indifferenza, noi dimentichiamo pure la nostra identità, la nascondiamo per poi renderci conto troppo tardi. Accogliere il vangelo è accogliere la logica della beatitudine della povertà in spirito, che non vuol dire “sciattoneria” “trasandatezza”. La povertà è uno stile del cuore, è un modo di vivere nella gioia della condivisione, dell’amore. Chi è davvero povero secondo i parametri evangelici, è colui che è più ricco, perché è ricco di amore. Più saremo poveri nello spirito, e più saremo ricchi d’amore di gioia, di fede e di speranza.

Visita la chiesa parrocchiale

PREGHIERA

Confida nel Signore e fa' il bene; abita la terra e vivi con fede.
Cerca la gioia del Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore.
Manifesta al Signore la tua via, confida in lui: compirà la sua opera;
farà brillare come luce la tua giustizia, come il meriggio il tuo diritto.

Salmo 36

13 marzo, Venerdì
Seconda settimana di quaresima  - GIORNO DI MAGRO
C’era un padrone che piantò una vigna (Mt 21,33) 

La parabola di Gesù che racconta oggi agli scribi e ai farisei, cioè agli ostinati alla novità del messaggio di Dio, che ci orienta ancora sui passi della Croce. Gesù, con il racconto del figlio vignaiolo, sta parlando della sua tragica dine sulla Croce, sta descrivendo il suo incompreso destino. Il racconto di Gesù si rifà a quanto la prima lettura del libro della Genesi ci offre con il racconto di Giuseppe, “il signore dei sogni”. Ci sarebbe da riflettere tanto su questa definizione, e noi non lo vogliamo fare, attribuendo a Gesù questa particolare caratteristica. Gesù, dunque, il “signore dei sogni”, per questo è incompreso, rifiutato, inascoltato, deriso, ucciso. Gesù è venduto dal suo popolo, come Giuseppe dai suoi stessi fratelli, è venduto perché scomodo, indicatore di nuovi orizzonti, puntatore di nuove mete, realizzatore di inediti sogni, costruttore di nuovi progetti, restauratore di una fede asfissiata. Il padrone della vigna manda suo figlio perché ha un sogno, quello di portare insieme frutto. Dio manda il Figlio Gesù sulla terra con il sogno di vedere riunito in lui tutto l’universo, ma quei sogni vengono troncati dalla nostra indifferenza, dalla nostra incapacità di andare oltre, dai nostri pregiudizi, dalla nostra paura di cambiare, di avere una nuova visione della vita, di accogliere una proposta nuova. Quante volte ostacoliamo la costruzione dei sogni di Dio! Quante volte pecchiamo per la nostra ottusità! Quante volte, con la scusa di un eccesivo zelo spirituale, restiamo imprigionati nella trappola delle nostre ristrettezze mentali! Quante volte ci opponiamo ai cambiamenti positivi propositivi, perché ingabbiati nelle nostre personalissime convinzione, anche di fede! Dobbiamo imparare ad avere un cuore e una mente più aperti per poter accogliere i sogni di Dio e realizzarli insieme; diversamente, saremo cristiani tristi, ripiegai su sé stessi, infruttuosi, arrabbiati, frustrati. 

PREGHIERA

Il Rosario (Corona Prayer) in famiglia alle 20,45

14 marzo, Sabato
Seconda settimana di quaresima
Costui accoglie i peccatori e mangia con loro (Lc 15, 2) 

Oggi siamo chiamati ad “entrare dentro” il mistero della misericordia di Dio per imparare a far festa, a rallegrarci per questo Dio compassionevole, accogliente, che sa attendere il nostro ritorno, che sa coltivare la speranza per la nostra conversione. Entrare dentro. Quante volte facciamo fatica ad entrare dentro la logica misericordiosa di Dio. La pagina evangelica di presenta la figura del padre misericordioso, che sa attendere sull’uscio della porta di casa, del figlio minore, che sperpera tutti i beni avuti in proprietà, e del figlio maggiore, che fa fatica ad accettare l’apertura del padre. Ed è proprio su quest’ultima figura che vogliamo riflettere quest’oggi. La conversione non riguarda soltanto il minore, quello che con pretesa chiede la sua parte di proprietà e poi se ne va in giro sperperando tutti i beni, ma la conversione coinvolge anche l’esistenza del figlio maggiore, che sebbene ligio ai suoi doveri e obbediente alla volontà paterna, si lascia catturare dall’orgoglio di non aver sbagliato, puntando così il dito sul fratello minore, e anche sulla estrema bontà del padre. Quell’ottusità lo rende incapace di fare festa, di guardare i lati positivi di suo fratello e del suo padre, impedisce di valutare la novità del cambiamento, lo inquadra nel pregiudizio per cui quel fratello minore disgraziato era e disgraziato resterà sempre. Maledetti pregiudizi! Maledetta chiusura mentale spirituale! Ce serve essere ligi al dovere, quando poi, non si è capaci di andare oltre, di captare il cambiamento in atto. Cosa serve essere ardenti nello zelo spirituale, quando poi non siamo capaci di accogliere e perdonare il “fratello minore”? che serve dire di avere fede, da non mancare mai a Messa o perché si è, per esempio, catechisti da una vita, quando poi si fa letteralmente fatica ad accettare nuove impostazioni pastorali che richiedono una conversione personale, prima che degli altri? A che pro sbandierare il proprio essere cattolico, se poi, non si è capaci di accogliere la novità dei propri pastori? Perché mai dirsi ferventi cristiani, quando non siamo per nulla capaci di metterci in discussione, non accettando di fatto di entrare nella casa del fratello minore per festeggiare la gioia del suo ritorno? 

Visita il Santuario della Madonna della Costa e fermati in preghiera 

PREGHIERA  PER LA COMUNIONE SPIRITUALE 

Gesù mio,  io credo che sei realmente presente  nel Santissimo Sacramento.
Ti amo sopra ogni cosa  e ti desidero nell' anima mia.
Poiché ora non posso riceverti  sacramentalmente,
vieni almeno spiritualmente  nel mio cuore.
Come già venuto,  io ti abbraccio e tutto mi unisco a te;
non permettere che mi abbia mai  a separare da te.
Eterno Padre, io ti offro il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo
in sconto dei miei peccati,
in suffragio delle anime del purgatorio  e per i bisogni della Santa Chiesa.

2 Marzo, Lunedì
Prima settimana di Quaresima 

Ho avuto fame e mi avete dato  da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere,
ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato,
ero in carcere e  siete venuti a trovarmi   (Mt 25, 35-36) 

È una di quelle pagine che ti fa venire la pelle d’oca, se davvero ci credi alla Parola del Signore, una pagine che tifa rizzare i capelli, perché ti mette di fronte alla tua coscienza di credente. Senza fare sconti. Ho avito fame e mi avete dato da mangiare. Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare. Ho avuto sete e mi avete dato da bere. Ho avuto sete e non mi avete dato da bere. Ero straniero e mi avete accolto. Ero straniero e non mi avete accolto. Ero nudo e mi avete vestito. Ero nudo e non mi avete vestito. Ero malato e mi avete fatto visita. Ero malato e non siete venuti a visitarmi. Ero in carcere solo e siete venuti a trovarmi. Ero in carcere e non siete venuti a trovarmi. Mi avete…non mi avete. Siete venuti…non siete venuti.  Devono risuonarci queste battute come provocazioni che ci interrogano e ci mettono di fronte alla nostra coscienza di cristiani, “rispolverando” quelle che ormai abbiamo messo nel dimenticatoio del catechismo, ciò che un tempo chiamavano le sette opere di misericordia corporale. Non sono passate, certamente di moda, ma sono il fondamento per rendere la nostra fede fattiva, reale, concreta, generosa. In una sola parola, creativa. Non c’è fede senza carità. E non c’è carità cristiana senza fede. Una fede che non si scalda al braciere della carità verso il prossimo più bisognoso non è affatto fede. Rendi creativa la tua fede! Sta lontano dalla noia e dalla ripetitività di una fede “imparata” a tavolino, rigida nei suoi schemi, rinchiusa nelle teorie. Fa’ della tua fede un movimento d’amore. 

Quello che fai oggi, fallo con più amore………. 

PREGHIERA

Beato l’uomo che ha cura del debole,  nel giorno della sventura il Signore lo libera.
Veglierà su di lui il Signore,  lo farà vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerà alle brame dei nemici.

Salmo 40

 

3 Marzo, Martedì
Prima settimana di Quaresima
Voi dunque pregate così: Padre nostro(Mt 6,9) 

Gustate la bellezza della preghiera. È di preghiera, infatti, che si parla oggi. La preghiera del cristiano è una logica conseguenza dell’ascolto della Parola di Dio. La Parola, infatti, è ciò che ci il Padre dice a noi, ciò che ci comunica, mentre la preghiera è la risposta dell’uomo a quell’ascolto. Si instaura in tal modo un vero e proprio dialogo tra Dio e l’uomo, ecco perché Gesù ci insegna a pregare, consegnandoci la preghiera del “Padre nostro”: ci insegna, cioè a saper metterci in ascolto di Dio e ad instaurare un rapporto di fedeltà e di figliolanza, una relazione “a tu per tu”. Con il Padre nostro, Gesù ci sta educando a relazionaci con Dio, per sentirci anche noi figli. Non ci dice semplicemente tanto le parole da pronunciare (“non sprecate parole”), ma ci indica uno stile orante, ci orienta a fare della nostra esistenza una preghiera vivente. La preghiera ci insegna Gesù non va’ recitata a memoria, ma va vissuta, è uno stile di vita.

Esercitati nell’arte della pazienza…. 

PREGHIERA

A te grido, Signore,  chiedo aiuto al mio Dio […]
ascolta, Signore, abbi misericordia,  Signore, vieni in mio aiuto.
Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia, perché io possa cantare senza posa.
Signore, mio Dio, ti loderò per sempre

Salmo 29 

 

4 Marzo, Mercoledì
Prima settimana di Quaresima
Giona fu un segno per quelli di Ninive (Lc 11, 30) 

Giona, il profeta controvoglia. Non ha mai voluto fare il profeta. O meglio, non ha voluto annunciare la parola di Dio proprio a coloro che a cui egli non voleva che annunciasse, gli abitanti di Ninive. Ma Dio lo chiama e alla fine, anche in modo un po’ violento, lo “costringe” a farsi portavoce del suo messaggio. Ma non è che Giona non volesse esercitare la funzione di profeta, quanto invece, non voleva recarsi a Ninive, un popolo corrotto, e per questo un popolo meritevole di aspre castighi. Dio però, vuole offrire a questo popolo la possibilità di convertirsi. Magari, il profeta Giona avrebbe desiderato essere tale andando al paese più zelante della terra. Invece no: assistiamo oggi dunque, ad una duplice conversione, ad un doppio miracolo di Dio: la conversione di Giona e quello dei niniviti. Giona si converte perché comprende che deve andare ad annunciare la Parola di misericordia di Dio proprio alla gente che necessita di vivere questa esperienza di amore e di riconciliazione. Quale il messaggio per noi oggi? Come doppio è il miracolo a cui assistiamo oggi doppio è il messaggio per noi: senza conversione personale non si pretendere di convertire gli altri. Senza un cambiamento da parte nostra, non possiamo volere quello degli altri. Il cambiamento “esterno” potrà avvenire quando ci sarà un cambiamento interiore. Ogni cambiamento parte da sé stessi. 

Oggi vivi col sorriso e dicendo “grazie”…. 

PREGHIERA

Il signore è il mio pastore:  non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,  per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastono e il tuo vincastro mi danno sicurezza

Salmo 23 

 

5 Marzo, Giovedì  
Prima settimana di Quaresima
Gesù disse ai suoi discepoli: “chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete,bussate e vi sarà aperto.
Perché chiunque chiede riceve,e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”. (Lc 9, 10-11) 

Assistiamo ogni giorno ad un’altra catechesi sull’importanza della preghiera. La preghiera che Gesù ci insegna a vivere è, appunto, una “preghiera altra”, una “preghiera per”, per gli altri. La preghiera, in realtà, non consiste nel chiedere per se, quanto per educarci alla prossimità. Più si pregherà per gli altri, più Dio provvederà a te. Una preghiera che chiude a riccio (“Signore, aiutami…”; “Signore, dammi…”; “Signore, fa che io…”) non sarà mai una preghiera. Ecco il senso della conclusione del Vangelo: “tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. E Gesù aggiunge: “questa infatti è la Legge e i Profeti”. Questo, cioè, è il nocciolo della nostra fede. Una fede che non si apre alla prossimità non sarà mai una fede. Chiediamoci oggi: come è la mia preghiera? Come vivo la preghiera? Quando prego, cosa dico? Per chi prego? La preghiera mi apre al prossimo o mi porta a un intimismo sfrenato e controproducente? La preghiera mi educa a sapere andare incontro all’altro? Perché prego? 

Prega il Santo Rosario, se hai dei figli, recita almeno una decina con loro 

 PREGHIERA

Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza.
Riconoscete che il Signore è Dio; egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo.
Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome;
poiché buono è il Signore, eterna la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione.

Salmo 99

 

6 Marzo,Venerdì
Prima settimana di Quaresima – GIORNO DI MAGRO
Va’ e prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono (Mt 5, 24) 

Ci si aspetterebbe che Gesù inviti ciascun discepolo e, quindi, ciascuno di noi, ad essere maggiormente zelanti nella preghiera, nella celebrazione dell’Eucarestia, o in chissà quale altra pratica di orazione. Diversamente da ciò, Gesù ci offre un consiglio: se mentre ci capita di stare a Messa dovessimo ricordarci che abbiamo qualche screzio con qualcuno, ebbene, è necessario lasciare a quel punto la celebrazione, per recarsi dal fratello e riconciliarsi. Solo dopo, la celebrazione eucaristica acquisterà il suo giusto valore. In fondo, Gesù ci chiede di superare la nostra giustizia, cioè, di non farci giustizia da soli, motivo per cui possiamo pensare: “è lui/lei che ha torto, quindi io non devo chiedere scusa a nessuno”. Ecco, questo tipo di ragionamento ci impedisce di vivere un vero discepolato. Per questo, Gesù ci chiede di superare la giustizia degli ipocriti, di chi osserva minuziosamente la Legge, ma non vive la carità. La forma più alta della giustizia divina è la carità: una carità che si esprime in un percorso di riconciliazione. Cosa ci suggerisce la Parola di oggi? Giustizia, riconciliazione, fraternità. Possiamo condensare in queste tre parole chiavi il senso del messaggio evangelico che viene sapientemente offerto oggi.

Pensa a chi hai offeso, umiliato, a quello che non hai fatto di bene, e chiedi perdono 

PREGHIERA

Cantate al Signore un canto nuovo,  suonate la cetra con arte e acclamate.
Poiché retta è la parola del Signore  e fedele ogni sua opera.
Egli ama il diritto e la giustizia, della sua grazia è piena la terra.
Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,  dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.

Salmo 32 

 

7 Marzo, Sabato
Prima settimana di Quaresima 

Se amate quelli che vi amano,  quale ricompensa ne avete? […]
E se date il saluto soltanto ai  vostri fratelli, che cosa fate di  straordinario? […]
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. (Mt 5, 46-48)


Niente mezze misure. Con Gesù si fa sul serio. Soprattutto, si vive sul serio. E vivere secondo la logica di Gesù, vuol dire vivere in maniera sovversiva, eversiva. Non bisogna fare le stesse cose che tutti fanno. Altrimenti, ci dice Gesù, dove sta la diversità del cristiano, dove sta il surplus evangelico? Il cristiano è fatto per distinguersi. In bene, naturalmente. E il segno distintivo del discepolo di Cristo è la carità sine glossa, senza spiegazioni, allo stato puro, senza limiti. Se c’è qualcosa che dobbiamo saper spendere, per cui dobbiamo avere mani bucate, questa è la carità. Anzi, bisognerebbe avere un cuore bucato. Un cuore forato come quello del nostro Signore Gesù. Da quel cuore grondano gocce d’amore, insieme a tanta umanità. Sarebbe bello, se ciascun cristiano, me compreso, si dicesse: “quello lì ha un cuore bucato, ama troppo, non bada a spese in carità”. Sarebbe meraviglioso! Ma niente scoraggiamenti! Il tempo della Quaresima ci offre questa opportunità per migliorare, per intraprendere un percorso intenso d’amore. Per questo la Chiesa ci offre annualmente questo temo forte. Quaranta giorni intensi per allenarci alla carità senza limiti (charitas sine modo). 

Visita il Santuario della Madonna della Costa 

PREGHIERA

Beato l’uomo di integra condotta,  che cammina nella legge del Signore.
Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore.
Non commette ingiustizie,  cammina per le sue vie [...]
Ti loderò con cuore sincero,  quando avrò appreso i tuoi giusti giudizi.
Voglio osservare i tuoi decreti:  non abbandonarmi mai.

Salmo 118

A COLORO CHE NON TROVANO PACE  tratto da un testo di Mons. Tonino Bello 

Carissimi,

l'idea di rivolgermi a voi mi è venuta stasera quando, recitando i vespri, ho trovato questa invocazione: «Metti, Signore, una salutare inquietudine in coloro che si sono allontanati da te, per colpa propria o per gli scandali altrui».

Per prima cosa mi son chiesto se, nel numero delle mie conoscenze, ci fosse qualcuno che poteva essere raggiunto da questa preghiera.

E mi sono ricordato di te, Giampiero, che, dopo essere passato per tutta la trafila dei gruppi giovanili della parrocchia, un giorno te ne sei andato e non ti sei fatto più vedere. L'altra sera ti ho incontrato per caso. Pioveva. Eri fermo sul marciapiede e ti ho dato un passaggio. In macchina mi hai chiesto con sufficienza se durante la quaresima continuavo a predicare le «solite chiacchiere» ai giovani, riuniti in cattedrale. Ci son rimasto male, perché mi hai detto chiaro e tondo che tu ormai a quelle cose non ci credevi più da un pezzo, e che al politecnico stavi trovando risposte più utili di quelle che ti davano i preti. Mi hai raccontato che a Torino hai conosciuto Gigi, ex seminarista e mio alunno di ginnasio, il quale ti parla spesso di me. Ho notato che avevi una punta d'ironia e sembrava che ti divertissi quando hai aggiunto che ora sta con una ragazza, bestemmia, e fuma lo spinello. Quando all'improvviso ti ho chiesto se eri felice, mi hai risposto che ne avremmo parlato un'altra volta, perché dovevi scendere e poi era troppo tardi. Addio, Giampiero! L'invocazione del breviario stasera la rivolgo al Signore per te. E per Gigi. E la rivolgo anche per te, Maria, che ti sei allontanata senza una plausibile ragione. Facevi parte del coro. Ora a messa non ci vai nemmeno a Pasqua. Tu dici che hai visto troppe cose storte anche in chiesa, e che non ti aspettavi certe pugnalate alle spalle proprio da coloro che credono in Dio. Non so che cosa ti sia successo di preciso. Ma l'altro giorno, quando sei venuta da me per implorare un ricovero urgente al Gemelli a favore del tuo bambino che sta male, e io ti ho esortata ad aver fiducia in Dio, e tu sei scoppiata a piangere dicendomi che in Dio non ci credi più... mi è parso di leggere in quelle lacrime, oltre alla paura di poter perdere il figlio, anche l'amarezza di aver perduto il Padre. Non temere, Maria. Pregherò io per il tuo bambino, perché guarisca presto. Ma anche per te, perché il Signore ti metta nel cuore una salutare inquietudine. Vedo che non afferri il senso di una preghiera del genere. Di inquietudini nei hai già tante e non è proprio il caso che mi metta anch'io ad aumentartene la dose. Tu sai bene, però, che in fondo io imploro la tua pace. Ecco, infatti, come il breviario prolunga l'invocazione su coloro che si sono allontanati da Dio: «Fa' che ritornino a te e rimangano sempre nel tuo amore». E ora, visto che mi sono messo ad assicurare preghiere un po' per tutti, vorrei rivolgermi anche a voi che, pur non essendovi mai allontanati da Dio, non riuscite ugualmente a trovar riposo nella vostra vita. Per sè parrebbe un controsenso. Perché Dio è la fontana della pace, e chi si lascia da lui possedere non può soffrire i morsi dell'inquietudine. Però sta di fatto che, o per difetto di affido alla sua volontà, o per eccesso di calcolo sulle proprie forze, o per uno squilibrio di rapporti tra debolezza e speranza, o chi sa per quale misterioso disegno, è tutt'altro che rara la coesistenza di Dio con l'insoddisfazione cronica dello spirito. Mi rivolgo perciò a voi, icone sacre dell'irrequietezza, per dirvi che un piccolo segreto di pace ce l'avrei anch'io da confidarvelo. A voi, per i quali il fardello più pesante che dovete trascinare siete voi stessi. A voi, che non sapete accettarvi e vi crogiolate nelle fantasie di un vivere diverso. A voi, che fareste pazzie per tornare indietro nel tempo e dare un'altra piega all'esistenza. A voi, che ripercorrete il passato per riesaminare mille volte gli snodi fatali delle scelte che oggi rifiutate. A voi, che avete il corpo qui, ma l'anima ce l'avete altrove. A voi, che avete imparato tutte le astuzie del «bluff» perché sapete che anche gli altri si sono accorti della vostra perenne scontentezza, ma non volete farla pesare su nessuno e la mascherate con un sorriso quando, invece, dentro vi sentite morire. A voi, che trovate sempre da brontolare su tutto, e non ve ne va mai a genio una, e non c'è bicchiere d'acqua limpida che non abbia il suo fondiglio di detriti.

A tutti voi voglio ripetere: non abbiate paura. La sorgente di quella pace, che state inseguendo da una vita, mormora freschissima dietro la siepe delle rimembranze presso cui vi siete seduti.

Non importa che, a berne, non siate voi. Per adesso, almeno. Ma se solo siete capaci di indicare agli altri la fontana, avrete dato alla vostra vita il contrassegno della riuscita più piena. Perché la vostra inquietudine interiore si trasfigurerà in «prezzo da pagare» per garantire la pace degli altri. O, se volete, non sarà più sete di «cose altre», ma bisogno di quel «totalmente Altro» che, solo, può estinguere ogni ansia di felicità. Vi auguro che stasera, prima di andare a dormire, abbiate la forza di ripetere con gioia le parole di Agostino, vostro caposcuola: «O Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te». 

PER APPROFONDIRE: “Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza 

Nella Nota Pastorale dei Vescovi Italiani, troviamo alcune disposizioni normative, ispirate al canone 1249 del Codice di diritto canonico che recita: «Per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo; ma perché tutti siano tra loro uniti da una comune osservanza della penitenza, vengono stabiliti dei giorni penitenziali in cui i fedeli attendano in modo speciale alla preghiera, facciano opere di pietà e di carità, sacrifichino se stessi compiendo più fedelmente i propri doveri e soprattutto osservando il digiuno e l’astinenza».

1) La legge del digiuno «obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate».

2) La legge dell’astinenza proibisce l’uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, ad un prudente giudizio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi.

3) Il digiuno e l’astinenza, nel senso sopra precisato, devono essere osservati il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo; sono consigliati il Sabato Santo sino alla Veglia pasquale .

4) L’astinenza, o “magro”, deve essere osservata in tutti e singoli i venerdì di Quaresima, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità (come il 19 o il 25 marzo). In tutti gli altri venerdì dell’anno, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità, si deve osservare l’astinenza nel senso detto oppure si deve compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità.

5) Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato; alla legge dell’astinenza coloro che hanno compiuto il 14° anno di età.

6) Dall’osservanza dell’obbligo della legge del digiuno e dell’astinenza può scusare una ragione giusta, come ad esempio la salute. Inoltre, «il parroco, per una giusta causa e conforme alle disposizioni del Vescovo diocesano, può concedere la dispensa dall’obbligo di osservare il giorno (…) di penitenza, oppure commutarlo in altre opere pie…».

L’insieme di queste riflessioni, destinate a rimotivare e a rinvigorire la prassi penitenziale del digiuno e dell’astinenza all’interno della comunità cristiana, non può concludersi senza un appello particolare alle famiglie e a quanti hanno responsabilità educative.

I genitori e gli educatori avvertano l’importanza e la bellezza di formare i fanciulli, i ragazzi e i giovani al senso dell’adorazione di Dio e all’atteggiamento della gratitudine per i suoi doni: da questa radice religiosa scaturirà la forza per l’autocontrollo, la sobrietà, la libertà critica di fronte ai bisogni superflui indotti dalla cultura consumista, il dono sincero di sé attraverso il volontariato, l’impegno a costruire rapporti solidali e fraterni.

I genitori, per primi, sentano la responsabilità di essere testimoni con la loro stessa vita, segnata da sobrietà, apertura e attenzione operosa agli altri. Non indulgano alla diffusa tendenza di assecondare in tutto i figli, ma propongano loro coraggiosamente forti ideali e valori di vita, e li accompagnino a conseguirli con convinzione e generosità e senza temere l’inevitabile fatica connessa. Spingano verso uno stile di vita contrassegnato dalla gratuità e da uno spirito di servizio che sa vincere l’egoismo e l’indolenza. 

Quest’opera educativa ha motivazioni evangeliche e risorse originali: è parte integrante di quella formazione alla fede, alla preghiera personale e liturgica e al coinvolgimento attivo e responsabile nella vita e missione della Chiesa che i genitori cristiani sono chiamati ad assicurare ai loro figli in forza del ministero ricevuto con il sacramento del Matrimonio.

I giovani siano istruiti anche circa l’obbligo morale e canonico del digiuno, che ha inizio con i 18 anni. Ai fanciulli e ai ragazzi si propongano forme semplici e concrete di astinenza e di carità, aiutandoli a vincere la mentalità non poco diffusa per la quale il cibo e i beni materiali sarebbero fonte unica e sicura di felicità e a sperimentare la gioia di dedicare il frutto di una rinuncia a colmare la necessità del fratello: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35). 

*************** 

PER LA PREGHIERA DI QUESTI PRIMI GIORNI DI QUARESIMA
26 Febbraio -  Mercoledì delle Ceneri

Profumati la testa e lavati il volto.  (Mt 6,17) 

Non vi è augurio più significativo e più incoraggiante di quello che ascolteremo oggi tra le righe della pagina evangelica di Matteo. Un auspicio che sa di un profumo particolare. Nella Scrittura tante sono le pagine che ci parlano di profumi, di vasi contenenti particolari e pregiati unguenti, di crisma, di balsamo, di nardo. La Parola emana il profumo di Dio e cosparge il suo delicato aroma coinvolgendo chi l’ascolta l’assimila e  la fa propria. La Quaresima è un tempo profumato. E’ il tempo dei profumi di primavera: i profumi del pesco in fiore; del mandorlo rosaceo; del fiore di magnolia; della camelia in germoglio. Non passi inosservata una “Dio-incidenza”: la Quaresima corrisponde con una stagione primaverile. Sbocciano nuovi fiori r nuovi frutti. Sboccia Dio nel cuore dell’uomo che a lui si apre per accogliere il dono della sua misericordia. Il Signore il Padre che perdona, infonde nel tuo cuore il profumo della sua misericordia. Lasciati avvolgere dalla delicatezza del profumo dell’amore di Dio. Aprigli le finestre del tuo cuore e fa entrare un’aia nuova. E’ l’inizio di una nuova stagione per la tua vita. La Quaresima segna questo inizio per te. 

Parteciperò alla celebrazione con il rito di imposizione delle Ceneri. 

27 Febbraio - Giovedì dopo le Ceneri 

Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. (Lc 9,23) 

L’invito di Gesù è chiaro: “prendere la nostra croce ogni giorno”. Ovvero metterci alla scuola dell’amore senza se e senza ma: o si ama sul serio e per sempre, oppure non è amore. La Quaresima, in realtà, è un tempo scolastico, nel senso che è una scuola, o se vuoi, diciamo pure la palestra, dove, giorno dopo giorno, guardando al mistero della sofferenza e della morte in croce di Gesù, impariamo a vivere una vita intrisa di amore, una vita le cui trame s’innervano in un vortice di carità pure e genuina. “amare, voce del verbo infinito morire” diceva don Tonino Bello. Dunque, non c’è amore che non contempli la croce, che non viva di movimento di allargare le braccia, di stenderle sulla via del prossimo in segno di abbraccio e di generosa accoglienza. Come ha fatto Gesù sulla croce, per manifestarci un amore senza limiti, che si lascia inchiodare sulla vita di chi ne ha bisogno. Così come è stato per Maria di Nazareth, la quale stava sotto la croce, non a guardare, ma a lasciarsi inchiodare dall’Amore.

PREGHIERA 

Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte, nazioni, dategli gloria;

perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno.       (Salmo 116) 

28 Febbraio - Venerdì dopo le Ceneri 

Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?   (Mt 9, 15) 

C’è una domanda che riecheggia dalla Parola del Vangelo di oggi: perché in Quaresima dobbiamo digiunare? Che senso ha digiunare? Chiediamocelo pure, perché quello che noi chiamiamo “tradizione”, possa divenire una stile di vita. Il digiuno quaresimale è un “digiuno prossimo”, che come obiettivo l’altro, il mio fratello o la mia sorella di fede. Digiunare dunque è un “digiuno estatico”, che ti trasporta verso il prossimo. Non c’è prossimità senza digiuno da sé stessi, dai propri calcoli, dai propri limitati interessi, dalle proprie comodità. Per questo anche il profeta Isaia nella prima lettura ci esorta: “non digiunate più come fate oggi […] non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare il giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?”. 

PREGHIERA 

Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso.

Tu non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.   (Salmo 50) 

29 Febbraio - Sabato dopo le Ceneri 

Gesù vide un pubblicani di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi!”.  Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi li preparò un grande banchetto nella sua casa.  (Lc 5, 27-29) 

La sequela delle orme di Gesù, non mortifica la vira di chi accoglie l’invito a seguirlo, ma la rende diversa, la rinnova, la trasforma, la rigenera. Ce lo insegna Levi con il racconto del Vangelo proposto per oggi: Gesù lo chiama a mettersi dietro di lui, a ricalcare le sue stesse orme, gli fa una proposta di vita, lo invita a liberarsi di tutti quegli spiccioli che fanno rumore sul banco di legno e che snerva tutta la povera gente i coda per versare le loro tasse, con tutti gli interessi possibili ed immaginabili. La chiamata di Gesù è sempre una chiamata di libertà e di liberazione. È la chiamata alla festa della vita. Ecco perché si spiega la festa che successivamente all’accoglienza, Levi organizza in casa sua. Alla presenza di Gesù. Chissà quante volte Levi aveva festeggiato fino a quel momento, con tutti i suoi amici, dopo aver usurpato, magari, le tasche dei poveri cittadini. Ora continua a festeggiare, ma con la presenza di Gesù. È tutt’altra cosa! La presenza del maestro dà un senso nuovo alla festa, alla vita di ogni giorno di Levi. Gesù chiama ciascuno di noi anche oggi, chiama me, chiama te…ci chiama a seguirlo. Quale la risposta? Soprattutto come rispondiamo, con gioia e con festa, oppure con noia e indifferenza? Sappiamo fare festa perché siamo cristiani? O siamo cristiani tristi e depressi, criticoni ed egoisti, ingiusti e corrotti? 

PREGHIERA 

Celebrate il Signore, perché è buono; perché eterna è la sua misericordia.
Dica Israele che egli è buono: eterna è la sua misericordia.
Lo dica la casa di Aronne: eterna è la sua misericordia.
Lo dica chi teme Dio: eterna è la sua misericordia.

Nell'angoscia ho gridato al Signore, mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.  (Salmo 117)